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APPROFONDIMENTI
DEPRESSIONE
CURARE I "TUMORI DELL'ANIMA"
E MIGLIORARE LA PROPRIA SALUTE
La sensazione diffusa, parlando con le persone,
quotidianamente, è che ci sia una notevole diffusione di situazioni
di sofferenza psichica, di paure, di angosce, di cui tutti parlano, magari
scherzandoci sopra, con la fatica di dare effettiva importanza a un malessere
che non si conosce bene, di cui non ci sono spesso le parole per esprimerlo.
Sono tante le situazioni che poi saltano all'occhio spesso, purtroppo,
quando è troppo tardi, quando finiscono sui giornali, nella cronaca
nera. Allora ci si interroga, sul come è successo, sul perché
non è stato fatto abbastanza per evitare l'inevitabile, sul come
si poteva fare per capire, sul come si fa a distinguere tra chi soffre
e sta per affogare e chi si lamenta per urlare la sua richiesta di attenzione.
Non è per nulla semplice dare una risposta a queste domande.
Pur rispettando infatti il diritto di seguire la strada che si vuole,
anche a costo di sbagliare e dover poi fare i conti col rimorso, o con
ciò che non sarà più, l'impressione è che
troppo spesso la scelta di vivere in un modo o di non vivere più
sia espressione dell'impossibilità di una vera scelta e dell'intolleranza
del vivere attuale.
Non è per nulla facile sapere ciò che si vuole davvero e
realizzarlo, con le fatiche che saranno necessarie.
In questo senso il suicidio diventa l'ultima carta da giocare, quando
il gioco è ormai alla fine.
Credo che queste situazioni debbano far pensare non tanto e non solo a
chi se ne è andato, ma a chi resta, a chi vive nell'incertezza
e nell'insoddisfazione della propria vita, a chi sta sperando di essere
fermato, prima che sia troppo tardi.
I tumori dell'anima, l'angoscia di vivere, la paura-panico, ovvero "i
mostri dell'immaginario" così come li definisce Leopolda Fortunati,
membro di commissioni della Comunità Europea come sociologa dell'educazione
e delle telecomunicazioni, sono infatti condizioni emozionali che si espandono
e che coinvolgono ogni età, dai bambini agli adulti.
Si ha un'immensa paura del vuoto, della solitudine, dell'abbandono, dei
mostri, del lavoro, della scuola, dello stadio, di non piacere, di essere
dimenticati.
Quali segnali dobbiamo imparare a leggere per capire se chi ci sta vicino
sta vivendo bene o se ha bisogno di aiuto? Premesso che tutti potrebbero
avere bisogno di aiuto, resta la domanda di capire il confine, quando
diventa "indispensabile".
Spesso le persone, per abitudine o paura o altro, tendono a non attribuire
il loro disagio a cause psicologiche, spostano l'attenzione dalla sofferenza
mentale ad altro, ad esempio lamentano disagi fisici al posto di una problematica
psichica. L'ammalarsi di frequente è un sintomo che segnala un
disagio, così come il frequente dolorare di una parte del corpo
(mal di testa, di stomaco, di schiena, ecc.), oppure l'isolarsi, l'arrossire
o impallidire eccessivamente in certe situazioni, l'imbarazzante sudorazione,
l'essere troppo pigri e passivi, o impulsivi, aggressivi o violenti senza
motivo; essere alquanto noiosi, essere infastiditi da tante e troppe situazioni,
avere fissazioni, soffrire d'insonnia, presentare grossi problemi col
cibo, ecc.
Spesso la presenza di malattie fisiche oscura la possibilità di
diagnosticare i disagi psicologici sottostanti, come ad esempio le forme
depressive. Ma è solo curando il corpo e anche la mente che si
può guarire da queste forme miste di dolore.
Altro aspetto critico che rende difficile l'intervento precoce è
la difficoltà di chi sta male nell'esprimere le proprie crisi di
pianto, la propria tristezza o disforia; purtroppo la scarsa consapevolezza
di stare male mette a repentaglio la propria salute psichica, in modi
che sfuggono alla nostra volontà.
Ne deriva che l'attenzione e l'intervento dei familiari, degli amici,
dei sanitari diventa fondamentale perché la persona possa aiutarsi.
Ogni reazione eccessiva inspiegabile richiederebbe una comprensione attenta
anche da parte di uno psicologo o uno psicoterapeuta.
Il problema principale infatti sta proprio nel riconoscimento precoce
delle situazioni a rischio. Basti pensare che studi condotti in tutto
il mondo indicano che il 90% di chi si suicida ha un disturbo psicologico
o psichiatrico diagnosticabile al momento della morte (depressione maggiore,
abuso di sostanze, dipendenza da alcool, schizofrenia), disturbo che se
venisse curato con adeguata terapia ridurrebbe il rischio di suicidio
e migliorerebbe la qualità della vita. Sì perché
il problema non è solo di evitare la morte e "salvare un patrimonio
umano", cioè una vita, ma è anche quello di affrontare
tutte quelle forme di "invalidità psicologica" che costringono
a vivere da vegetale il nostro cervello e la nostra anima.
Così come le strategie di prevenzione sanitaria
in campo medico hanno permesso di intervenire precocemente su gravi malattie
come i tumori, spesso evitando l'irreparabile, allo stesso modo auspichiamo
avvenga per la salute mentale, per poter migliorare il proprio benessere
evitando il peggio. Per tale motivo stiamo organizzando come CISP
in tutta Italia una settimana dedicata alla prevenzione con la possibilità
di avere un "chek up", un'ora di counseling gratuita con uno
psicoterapeuta. Un aiuto concreto ad aiutarsi.
Dott.ssa Barbara Rossi, psicologa,
psicoterapeuta, terapeuta di gruppo
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