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ARTICOLI
INFANZIA
IL BULLISMO:
PERSECUTORI E VITTIME FRA I BANCHI DI SCUOLA
Marco: 4 anni, padovano; durante la ricreazione
viene aggredito da tre bambini
di 5 anni per portargli via un piccolissimo pupazzetto di quelli contenuti
in un piccolo uovo di cioccolato. Il bambino ha riportato una serie di
contusioni ed una prognosi di 15 giorni (La Stampa, 17.2.97)
Andrea: studente tredicenne della provincia di Modena, per mesi è
stato
costretto da due baby-taglieggiatori a consegnare dei soldi sotto la
minaccia di percosse (l'Unità, 5.10.97)
Spesso i mass media raccontano storie particolarmente
sconcertanti di violenza e brutalità che si consumano tra ragazzini
sempre più giovani.
Che i bambini non fossero particolarmente "buoni" tra loro,
già si sapeva, ma spesso gli adulti ignorano o sottovalutano la
portata delle loro aggressività e dei loro soprusi, a meno che
non siano loro stessi a farne le spese, come nel caso di insegnanti che
non riescono più a gestire la classe o genitori che devono rinunciare
al loro ruolo educativo, restando in balia della prepotenze del loro "figlioletto".
Gli studi sistematici sulle prepotenze, in campo scolastico, risalgono
a tempi relativamente recenti, tra la fine degli anni '80 e gli inizi
degli anni '90 e in ambito internazionale questo fenomeno è comunemente
definito con il termine bullismo.
Per bullismo si intende quel particolare tipo di interazione deviata tra
bambini o ragazzi, per cui uno è protagonista di atti di aggressione
e prevaricazione ed un altro si trova, suo malgrado, nel ruolo della vittima
e del perseguitato. Si tratta di un'autentica forma di oppressione, in
cui una persona sperimenta, per opera di un compagno prevaricatore, una
condizione di profonda sofferenza, con senso di impotenza, di grave svalutazione
della propria identità, di crudele emarginazione dal gruppo.
Alcune azioni offensive possono avvenire attraverso l'uso delle parole
(es.: minacce, rimproveri, ingiurie); altre possono essere commesse ricorrendo
alla forza o al contatto fisico (es.: picchiando, spingendo, tormentando
qualcuno). In certi casi le azioni offensive possono essere attuate mediante
beffeggiamenti, smorfie o gesti sconci, mettendo in giro delle maldicenze,
escludendo intenzionalmente dal gruppo ed isolando, volutamente, la vittima.
Il bullismo può essere manifestato da un singolo individuo (il
bullo) o da un gruppo.
In merito al bullismo, vari sono i motivi che sollecitano
un intervento risolutivo:
a) Innanzitutto, la salvaguardia dei principi democratici di base, il
diritto fondamentale di ogni minore di sentirsi al sicuro e di non essere
oppresso e umiliato. Nessuno studente dovrebbe temere di andare a scuola
per paura di essere molestato o disprezzato, e nessun genitore dovrebbe
temere che ciò possa accadere al proprio figlio.
b) Si ricordi che chi si esprime con tanta violenza sente un livello di
sofferenza così alta da non trovare altro modo per esprimerlo,
per cui ha bisogno di essere assistito e non etichettato. Di fatto i bulli,
se non vengono aiutati a modificare i loro comportamenti aggressivi, possono
continuare ad usare modalità aggressive nelle loro relazioni interpersonali.
Questi ragazzi, da adulti, corrono il rischio di sviluppare comportamenti
antisociali e altri comportamenti problematici, come l'abuso di sostanze,
come alcool e droghe. Gli studi sottolineano che circa il 45% degli ex
bulli entro il 24° anno di età, sono stati condannati in tribunale
per almeno tre crimini.
c) Anche le vittime dei bulli hanno vita difficile. Possono sentirsi oltraggiate,
possono provare il desiderio di non andare a scuola, sviluppare diverse
somatizzazioni (mal di testa, mal di pancia, incubi, attacchi d'ansia
)
e nel corso del tempo è probabile che perdano sicurezza, autostima,
rimproverandosi di attirare le prepotenze dei propri compagni. Questo
disagio può influire sulla loro concentrazione e sul loro apprendimento.
Addirittura in certi casi, subire comportamenti prepotenti può
mettere in serio pericolo di vita, portando lesioni gravi o perfino al
suicidio. Gli alunni che nel corso degli anni sono stati spesso vittime
di prepotenze hanno più probabilità, da adulti, di soffrire
di episodi depressivi.
Quindi, scoraggiare la cultura bullistica vuol dire
promuovere una cultura sociale che faccia riferimento a valori positivi,
come l'interazione, la socializzazione, l'accettazione degli altri e la
collaborazione. Inoltre, la condivisione di un atteggiamento antibullistico
può rendere l'ambiente scolastico più sereno, consentendo
di migliorare la qualità della vita dei bambini, la loro salute
psicofisica ed il conseguente apprendimento scolastico (un bimbo sereno
apprende meglio i contenuti scolastici).
Pertanto è indispensabile cercare di bloccare questo tipo di comportamento
e orientare i ragazzi verso modi di essere più accettabili e socialmente
adeguati.
Il primo passo è, proprio la conoscenza, ossia, avere il coraggio
di chiedersi criticamente cosa sta accadendo ai propri alunni, ai propri
figli, senza trincerarsi dietro l'omertà e la paura di scoprire
la presenza di tali problematiche: non si risolvono i problemi evitando
di conoscerli!
Anna Placentino, psicologa e ricercatrice
Barbara Rossi, psicologa e psicoterapeuta
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