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    • Il bambino e la vita quotidiana

LA' DOVE I PARADOSSI CREANO VIOLENZA

Novi Ligure: Erika, 16 anni e il fidanzato Omar, 17 anni, uccidono con numerose coltellate la madre e il fratellino di lei.
Si grida alla violenza dello straniero albanese, ma la polizia viene messa sulle tracce dei "colpevoli" dalla freddezza del racconto di Erika e dal silenzio del cane di casa.
Ma cosa si sa realmente di questa storia, o delle altre storie di violenza familiare? Nulla!
Quando si verificano colpiscono l'attenzione di tutti, riversandosi in fiumi di parole sui giornali. Tutti ne parlano con sconcerto o sottolineano l'importanza di rispettare col silenzio le vittime di questo dramma, evitando luoghi comuni.
Di fatto il meccanismo giornalistico enfatizza proprio le reali cause del delitto: la solitudine, la difficoltà di una comunicazione autentica.
Omar nasce dal nulla, sembra non avere genitori, mentre Erika viene sbriciolata in un mix di LSD e di cocaina, una veste che suo padre non riconosce come figlia.
Sembra una brutta copia di un film di Dario Argento, in cui ne' i vivi ne' i morti vengono rispettati nella loro dignita' umana.
La stessa violenza viene violentata e uccisa, perche' svuotata, distorta e propagandata in malo modo.

In realta' è una storia individuale, e nel percorso evolutivo individuale e familiare andrebbero ricercati i significati di quel dramma.
Un Romeo e una Giulietta moderni, rovesciati, che uccidono anziché venire uccisi nel loro "folle amore"?
Oppure la nascita dall' "homo sapiens sapiens" dell' "homo serial serial"?
Questa è certamente la paura che penetra e circola tra gli adulti e riempie il vuoto generazionale.
Si finisce per pensare che i figli, e gli adolescenti in particolare, siano un problema anziché una risorsa; ci si chiede chi abbiamo generato, ed è una domanda inquietante !
Mette in evidenza, infatti, la presenza di un'area indicibile, e/o secretata tra figlio e genitore, un'area buia fatta di misteri, paure, fantasmi che non vengono condivisi.
Un'area che tutti, in una qualche misura abbiamo sperimentato, ma non tutti hanno potuto riempirla con l'emozionante presenza di una figura significativa capace di giocare con loro.
Nessuno si chiede cosa è successo ad Erika! E' più facile pensare che sia "colpa" di una sostanza stupefacente, perché altrimenti andare oltre e cercare la risposta potrebbe far sentire in colpa qualcuno, certo i genitori. Sembra offensivo interrogarsi sulle cause, come se ci fossero "colpe" o cause univoche, come se non si potesse parlare anche della responsabilità della passività, del perché non si è intervenuti, della sensazione agghiacciante di impotenza di fronte a certi fatti.
Per questo paradossalmente, anziché leggere cronaca nera, o pettegolezzi giornalistici, o perché no, anche questo nostro articolo, sarebbe più utile dedicare tempo alle persone cui vogliamo bene, a giocare con i nostri figli, o a fare il gioco dell'amore, occupandosi del proprio benessere psico-fisico.

Dott.ssa B. Rossi, psicologa e psicoterapeuta
Dott. E. Coppola, psichiatra e psicoterapeuta

 

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