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APPROFONDIMENTI Attacchi di panico e Disturbo di Panico nell’infanzia
L’educazione dei figli è considerata da Luigia Camaioni (1997) un importante investimento dal punto di vista economico, organizzativo, intellettuale e affettivo. I genitori vengono bombardati da consigli e programmi sull’importanza dell’apprendimento nei primi anni di vita. Questa pressione a crescere può stressare i bambini generando disturbi di adattamento e di comportamento. Lo studio dei disturbi psichiatrici in età evolutiva riprende in parte gli elementi che valgono a tutte le età, ma in parte presenta elementi specifici che nell’adulto non compaiono o sono diversificati. Relativamente a questi elementi specifici non sempre è facile tracciare un confine tra quella che può essere considerata una crisi transitoria nel percorso maturativo e ciò che costituisce invece un vero e proprio disturbo (Cornoldi, Sanavio, 2001). Le paure dei bambini sono frequenti e intense, costituiscono una normale caratteristica dello sviluppo. Con il passare degli anni il bambino impara a riconoscere, valutare e gestire le sue paure. Ma crescere significa anche acquisire una serie di nuove competenze e maggiore autonomia dalle figure genitoriali e questo può far emergere difficoltà collegate a forme d’ansia [ibidem]. Allo sviluppo del bambino contribuiscono sia la sua dotazione genetica sia le esperienze che gli vengono fornite, la cultura cui appartiene e la relazione con gli adulti che lo allevano (Camaioni, 1997). Alcuni bambini mostrano difficoltà nel processo evolutivo perché influenzati da genitori ansioso/depressi e/o aggressivi che non permettono loro di sperimentarsi autonomamente. (Fava Vizziello, 2003). Per ansia si intende una forma d’angoscia che permane a livello lieve; un mix d’incertezza, eccitazione e paura, con un’intensità ancora relativamente bassa. Quando l’ansia diventa molto forte, dura parecchi giorni, condiziona la normale routine di vita, allora diventa un disturbo (Rossi, 2006). In accordo con il DSM-IV, l’attacco di panico è definito come “un periodo ben delimitato di intensa paura o di disagio che ha un inaspettato inizio, giunge un picco in dieci minuti, ed è accompagnato da quattro a tredici sintomi, caratterizzati da una multiforme espressività clinica (psichica, fisica, comportamentale). Il Disturbo di Panico (DAP) è dato da esperienze di attacchi di panico inaspettati e ricorrenti, cui fanno seguito per un periodo non inferiore ad un mese, persistenti preoccupazioni di poter avere nuovi attacchi di panico e significative alterazioni del proprio comportamento in rapporto a detta preoccupazione. Uno studio condotto da Nelles e Barlow (1984), inerente ai sintomi di panico nei bambini e negli adolescenti, ipotizzava che i bambini potrebbero non essere capaci di interpretare i sintomi associati al panico e conclusero che gli attacchi di panico spontanei sono rari o inesistenti nei bambini. Lo studio di Ollendick e Mattis riporta che i bambini sono più portati a dare un significato personale e proprio a situazioni ansiogene. Emerge che gli attacchi di panico e il disturbo di panico sono presenti nell’infanzia e nell’adolescenza, tuttavia sono più frequenti negli adolescenti. Studi retrospettivi negli adulti hanno mostrato che il picco di prevalenza è compreso tra 15 e 19 anni di età, e il 10%-18% ha avuto il primo attacco di panico prima dei 10 anni. In letteratura viene sostenuta un’origine multifattoriale dell’attacco di panico: biologica, comportamentale e psicodinamica. L’evidenza di un’influenza genetica non è del tutto chiara per i disturbi d’ansia specifici. Uno studio familiare riguardante probandi ricoverati in ospedale a causa del disturbo di attacchi di panico ha consentito di calcolare un rischio del 25% per i parenti di primo grado e del 2% per i soggetti di controllo (Crowe et al., 1983). Studi più recenti confermano che il disturbo di panico tende ad essere familiare ( Weissman,1993). Prove preliminari indicano che l’età di esordio del disturbo di panico nelle generazioni successive diminuisce (Battaglia et altri, 1998). Il trattamento del controllo di panico, basato sulla teoria cognitivo-comportamentale ha mostrato essere efficace in bambini con disturbo di panico, in termini di eliminazione degli attacchi di panico, in quanto riduce i comportamenti di fuga, aumenta l’autoefficacia di coping in situazioni precedentemente evitate e diminuiscono gli stati d’umore negativi ( Ollendick, 1995). La dinamica che organizza il DAP si presenta precoce e complessa, segue un tragitto che partendo dal periodo infantile si dispiega nell’adolescenza e nella prima maturità (Gabbard,1992; Shear et al.,1993). L’ipotesi che i disturbi di panico abbiano un’origine multifattoriale (Gabbard,1992; Shear et al.,1993; Pavan et al.,1998; Infrasca, 2000) fornisce una visione d’insieme della patologia e favorisce un approccio multidisciplinare. Benché alcuni ricercatori sostengano che la terapia comportamentale sia da considerare più utile per il DAP, altri trattamenti hanno evidenziato la loro efficacia. La psicoterapia “focalizzata sulle emozioni”, per esempio, identificando e trattando le emozioni negative, specialmente quelle conseguenti all’ansia di separazione, alla costrizione e al bisogno di controllo interpersonale, risulta decisamente efficace nella patologia panica (Shear, Weiner, 1997). Il modello psicodinamico ipotizza una relazione tra le esperienze precoci, il funzionamento psicologico corrente e i tratti psicologici in sviluppo. Numerosi autori sostengono l’origine psicodinamica del panico (Michels et al., 1995; Gabbard,1992; Shear et al., 1993) e altri ritengono che la psicoterapia psicodinamica sia efficace nel ridurre e neutralizzare il corredo sintomatologico di questo quadro clinico (Shear, 1995;Wiborg, Dahl,1996; Shear, Weiner, 1997; Davanloo, 1998,2001). L’approccio psicodinamico, mettendo in luce le caratteristiche problematiche del bambino, dei genitori e dell’ambiente familiare consente di formulare interventi di prevenzione in età pediatrica. I problemi temperamentali e psico-comportamentali manifestati dal bambino e quelli esibiti dalla personologia delle figure genitoriali potrebbero trovare una loro utilizzazione all’interno di un modello di prevenzione (primario e secondario) che impedisca, o comunque ostacoli, la strutturazione e l’esordio del quadro panico (Infrasca, 2006). Altre ricerche suggeriscono che la psicoterapia psicodinamica risulta efficace, riducendone le ricadute (Milrod, Shear, 1991; Milrod,1995;; Renik,1995, Stern 1995; Busch et al., 1996, Milrod et al. 1996, Wiborg, Dahl, 1996; Milrod et al. 2000, Klein et al., 2003). Per un buon equilibrio psicosomatico del bambino sono fondamentali il tipo di comunicazione affettiva nell’ambito della famiglia, e la pienezza, la stabilità, la flessibilità dell’ambiente familiare (Fava Vizziello, 2003). Il disturbo di attacchi di panico è una condizione di disagio accompagnata da difficoltà psicosociali, familiari, con i pari e scolastiche, e una diagnosi precoce può essere di grande aiuto. Alla predisposizione biologica si assoccia l’interazione , ossia quello scambio di azioni tra due o più individui che si influenzano reciprocamente nel loro comportamento (Fava Vizziello, 2003), per questo pazienti e genitori dovrebbero seguire trattamenti psicoeducazionali che li aiutino a fronteggiare le manifestazioni sintomatiche di questa patologia.
Dott.ssa Paola Maffeis
Bibliografia . American Psychiatric Association.Diagnosticand Statistical of Mental Disorder, 4th ed. (DSM- IV) Washington DC; American Psychiatric Association; 1994. . Rasim Somer Diler, “ Panic Disorder in Children and Adolescent” Yonsei Medical Journal, vol.44, N° 1, pp 174-179,2003. . Sanavio E., Cornoldi C., “ Psicologia Clinica”. Ed. Il Mulino (2001) Bologna. . Plomin R., DeFries J.C., McClearn G., McGuffin P., “Genetica del Comportamento”.Ed. Raffaello Cortina (2001) Milano. . Camaioni L., “L’Infanzia”. Ed. Il Mulino (1997) Bologna. . Infrasca R., “DAP. Inquadramento psicopatologico e approccio psicoterapeutico nel disturbo di attacchi di panico”. Ed. Magi, (2006) Roma. . Lanari G., Rossi B., Adorni P., Cei V., “Panico. Istruzioni per l’uso. Come trasformare un problema in una opportunità”. Ed. Armando,(2006) Roma. . Fava Vizziello G., “Psicopatologia dello sviluppo”. Ed. Il Mulino (2003) Bologna.
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