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APPROFONDIMENTI

ANSIA E PANICO

 

                                                     

Il panico sott’acqua è una condizione esasperata dell’ansia, incontrollabile

 

Come è facile intuire le manifestazioni di panico sono estremamente pericolose, possono sfociare in tragedie per l’impossibilità di gestire la situazione, per chi la vive e per i compagni che possono restarne coinvolti. Nel caso specifico di Max l’immersione ha avuto dei momenti d’ansia crescente, come lui stesso spiega. I fattori che hanno sviluppato quest’ansia sono vari, il primo è il senso di abbandono che lui ha vissuto osservando la compagna dialogare con gli altri non considerando, secondo lui, le sue dichiarazioni di paura. Secondo, la coscienza di non sapere come ritrovare la strada del ritorno e la realtà di essere chiuso in trappola. Ovviamente ce n’è abbastanza per scatenare il panico, ma la storia di Max dimostra come sia possibile attraverso l’esperienza subacquea di anni di immersioni ad un livello impegnativo e corposo e, la conoscenza di se stessi e delle proprie reazioni psicologiche, riuscire a gestire quello stadio di ansia crescente che, se non controllata si trasforma in panico. Certo trovarsi di fronte ad una realtà che sembra essere l’ultimo atto della propria vita può far pensare all’impossibilità di riuscire a calmarsi, recuperare il respiro affannato e la freddezza mentale. La capacità di essere freddi e determinati in una situazione sommersa, molto problematica, è l’unica realtà per sfuggire al tranello chiamato panico che trasformerebbe, molto in fretta, qualunque situazione in un grande pericolo. Traspare anche se velata di attimi di incomprensione, una grande fiducia nella compagna Cris, situazione rara che addolcisce la realtà tetra della situazione trasformandosi in una sorta di rassegnazione positiva: lasciamola fare poi mi porterà fuori.

 

 

Carlo è alle sue prime esperienze di immersioni profonde a miscela, non conosco bene la sua preparazione psicologia ad affrontare quelli che io chiamo “viaggi” lontani. In un’immersione in team dopo aver definito le coppie, lasciamo tutti insieme la superficie dell’acqua per raggiungere la profondità di ottanta metri. In discesa sembra tutto ok ma arrivati sul fondo programmato succede il disastro. Improvvisamente il mio compagno è letteralmente afferrato alle spalle da Carlo che si avvinghia a lui e, afferrato un suo erogatore gli si appende a peso morto con il respiro affannato. Il mio compagno non riesce nemmeno a voltarsi, anzi inizia una rapida discesa verso il fondo. Bloccato dalle braccia e gambe di Carlo, non riesce nemmeno a prendere i comandi della sua attrezzatura. Realizzato quanto stava accadendo cerco di raggiungerli aggirando le spalle a Carlo sempre aggrappato a lui. Raggiunta la loro quota decisamente più profonda della nostra programmazione, loro iniziano una risalita spaventosamente veloce verso la superficie e la situazione sfugge dalla portata di sicurezza di tutti. Carlo e Marco scompaiono alla nostra vista proiettati come missili verso l’alto. Sapremo poi, all’uscita dall’acqua che Marco è riuscito a forza di strattoni a liberare la frusta da cui Carlo respirava e, manovrando anche il suo gav riescono a fermarsi verso i trenta metri. Carlo non faceva null’altro che cercare di afferrare Luigi come la sua unica salvezza. Decompressione saltata e pericolo di embolia. Carlo ha gli occhi sgranati non risponde a nessun comando di Luigi che cerca di dirgli che devono riscendere per riprendere le soste mancate. Carlo dice sì con il movimento della testa e riparte verso l’alto sfuggendo al controllo di Marco che resta in sosta decompressiva per evitare almeno il peggio del peggio. L’infelice immersione si conclude in camera iperbarica per entrambi, che fortunatamente non presentano gravi conseguenze. Con una giusta terapia tutto fortunatamente si risolve.

 

Cosa è successo a Carlo?

Arrivato alla quota degli ottanta metri si è reso conto di avere in bocca l’erogatore con la miscela sbagliata e preso dal panico l’unica cosa che la sua mente ha registrato è stato l’erogatore di chi era a portata di mano e prenderlo a qualunque costo. Questa reazione senza controllo poteva costare la vita ad entrambi, perché anche quando Marco è riuscito a fermare la corsa verso l’alto scaricando il suo gav e quello di Carlo, nonostante le azioni dure per liberarsi e fermarsi, Carlo mai uscito dallo stato di panico che si era ormai impossessato di lui, ritrovandosi col suo erogatore in bocca, passato da Marco continua a correre verso l’unica via d’uscita, che la sua mente bloccata nel panico intravede, dalla situazione che lo ha spaventato, quindi, verso la superficie annullando tutte le conoscenze legate alla gestione di un’immersione in trimix.

Questa è stata una situazione di panico grave, fortunatamente risolta.         

 

 

 

A cura di Cristina Freghieri, giornalista e subacquea, responsabile del sito http://www.cristinafreghieri.it/

 

 

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